
Tuffati! È qui che ti devi annegare
Meister Eckhart
Capita che per caso ti imbatti in un nome che è tutto un programma e che quel nome sia il nome di un profumo, una delle quattro creature di Federico Fumo, dottore farmacista e quarta generazione di una famiglia di alchimisti e farmacisti, docente di Scienze e Tecnologie Cosmetologiche presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e fondatore della azienda Laboratori Effe. Non sai niente, l’azienda è giovane, ha poca storia alle spalle, il fondatore e naso è un docente universitario e la cosa ti sa tanto di “tecnica” da manuale di profumeria, per giunta un farmacista (oddio, sarà senz’anima!) ma con quel nome non lo si può lasciar perdere. La descrizione sul sito http://www.federicofumo.com è davvero seducente, parla di un profumo nato dall’esigenza di fissare l’attimo in cui l’idea si traduce in gesto, quasi a narrare una redenzione voluta, conquistata a fatica che emancipa dall’abisso, dalla melma in cui si sembrava soffocare. Potevo resistere? No.
Sulla touche il profumo si apre con il mandarino di cui conserva anche la nota amara, che si lega splendidamente con la liquirizia e la confonde un po’, bisogna annusare molte volte per riconoscerla e sembra quasi sostenuto, innalzato, direi, dal coriandolo, che dona una nota pungente ad enfatizzare la componente amara, il leitmotiv che caratterizza il profumo in modo discreto e pudico: non è una amarezza olfattiva, è una amarezza dell’anima, una melancolia, una tristezza nobile, mai disperata, contenuta e fiera. Le note muschiate, la vaniglia ed il benzoino non si palesano se non dopo un po’ di tempo e sembrano conservare impressa, come a volerla trattenere a terra, quando per sua natura tenderebbe a scappare, la nota piccante del coriandolo, che si fa però confusa, sembra diventare altro, come fosse una scintilla, una nota briosa che sembra ridare vita quando si è toccato il fondo olfattivo riportando alla memoria le note più alte.
Sulla mia pelle il profumo è un’epifania inaspettata: mi colpisce la dinamica tra le note, sembrano aggrapparsi l’una all’altra, come se nell’affondare e nello svanire, cercassero di riemergere, di ritornare fuori, prepotenti. Eppure nessuna riesce ad eccedere, nessuna prevarica, sembrano instaurare una coralità di voci distinte e distinguibili ma che acquistano un senso solo assieme. Un profumo che ha un carattere sofisticato eppure delicato, potente, eppure grazioso. Immersus, emergo. Un profumo che racconta chi si è immerso, trascinato dalla propria pesantezza sino a toccare il fondo e che dal fondo riemerge non per spinta, per reazione orgogliosa e sprezzante ma per esaurimento, per consunzione del proprio peso. Sembra suggerire la resa, l’annegamento come unica via per riemergere, la tristezza dell’anima come risorsa, la nota amara come vincolo che inabissa ma spinge a risalire, senza che si debba fare null’altro se non vivere l’esperienza, immergervisi e annusare.
Profumo stupefacente, consigliato a chi non sta bene al mondo, a chi sente il peso del proprio esistere, a chi vuole indossare qualcosa di elegante e discreto, ma complesso, che richiede pazienza per essere compreso.
Le parole quando diventano anch’esse profumo.
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