QAWWĀLI

Oh Khusrau, the river of love runs in strange directions. One who jumps into it drows and one who drowns, gets across.

AMIR KHUSRAU

In Ajmer si celebra la morte del santo e nella Dargah risuonano i Qawwali. Il sufismo ha un rapporto privilegiato con la dimensione della morte che si festeggia come un accadimento importante, perchè permette di ricongiungersi al Principio. Come alcune correnti dello yoga, il sufismo chiede di morire in vita, di compiere l’operazione alchemica e raffinare, sublimare, rendere perfetto il Nafs, il sè. Il qawwāli va vissuto da ignoranti, io mi immergo senza sapere niente, stupida e ad occhi chiusi precipito nel rituale.

Ci sono due mondi uno prosaico, materiale, la Dunia ed uno spirituale, che trascende il primo. Il Diavolo li mantiene separati, è lui stesso la divisione, si caccia di traverso e divide, separa. Il Qawwāli inizia, le prime note ti avvertono: qualcosa sta per accadere. Il Pir, lo Sheik, è seduto: inizia il suo movimento e si accorda alla musica, l’intero suo corpo sembra diventare musica. Egli sembra altrove ed inizia il canto, prima il Profeta (SAW), poi Khwājā Ghareeb Nawaz, la poesia a loro dedicata si innalza e vibra al suono ritmico delle percussioni ed inizia la danza: lo Sheik offre le prime rupie, poi ciascuno si alza recando la propria offerta: la moneta distesa nella mano viene donata inchinandosi, la fronte tocca terra, sfiorando i piedi dello Sheik che danza, danza la sua colonna, danzano le sue cellule e la sua mano pesca l’offerta, la porta alla fronte e la da ad una persona che gli siede vicino che a sua volta la offrirà al qawwali. Il ritmo si fa estatico, le parole risuonano, in urdu, persiano, hindi, niente di comprensibile per la mente, niente che io riesca a capire. Incalza il canto, una mano ti offre dieci rupie, ti alzi, ne prendi altre dieci, accogli quelle mani nelle tue mani e vai verso lo Sheik, ti inchini, offri, ti rialzi ed ancora altre mani ti porgono nelle mani ancora rupie, estrai, riponi, ti muovi, attenta e al ritmo di qualcosa che non sai, non comprendi. Una folla incalza lo Sheik, i suoi movimenti si fanno veloci ed intatta resta l’eleganza del gesto, la delicatezza. Tu sei presa da qualcosa che ti spinge e ti fa mescolare alle persone sconosciute che hai attorno, sconosciute e vicine, incredibilmente vicine, ne riconosci i codici, impari a muoverti con loro, stai imparando a danzare… Le monete, la dunia, sono santificate dalle mani dello Sheik che è in estasi sul ritmo del qawwali, egli diviene la porta tra i due mondi, l’asse immobile che rende possibile il movimento, il suo gesto cancella ogni divisione, sacralizza ogni cosa: l’unicità divina, la illah ila Allah, diviene presente, evidente, incarnazione dello spirito, spiritualizzazione della materia e cancellazione di ogni stupido concetto che pretende di trasformare l’una nell’altro il materiale ed il divino, nessuna separazione possibile, solo un’estasi incarnata dallo Sheik nel qawwāli. Solo l’Uno. Uno. Nient’altro. Poi cala il ritmo, si spegne la musica, smettono le offerte, lo Sheik resta l’unico a conoscere la verità, egli sa, io ho intravisto l’ombra, ogni ombra presuppone la luce.

Che cazzo, è bellissimo… Tutto qui.

Pubblicato da zunyapala

"Esiste una stanchezza dell'intelligenza astratta, che è la più spaventosa delle stanchezze. Non pesa come la stanchezza del corpo, né inquieta come la stanchezza della conoscenza emotiva. È un peso della coscienza del Mondo, un non poter respirare con l'Anima." F. Pessoa

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