DELLA (NECESSARIA) STUPIDITÀ IN ĀSANA

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Vendi la tua intelligenza e compra stupore

RUMI

Quando ci si avvicina allo yoga, comunemente si entra nella disciplina attraverso la pratica di āsana e si sperimenta innanzitutto il proprio corpo. C’è ovviamente una soggettività, ma per mia esperienza l’incontro con il corpo per la maggior parte dei praticanti non è cosa semplice. Viviamo per lo più un corpo sconosciuto, un corpo che è pensato ed immaginato prima che vissuto, sentito. L’esperienza corporea è spesso confinata all’interno di una categoria e si riduce all’idea che ho del corpo. Non il corpo di per sé, dunque, ma ciò che io credo sia il corpo, l’immagine che gli attribuisco quando penso a che cosa o chi sono io.

Ogni conoscenza ottenuta attraverso il logos, il ragionamento, è di per sé esperienza del limite, perché riduce all’interno di categorie conosciute e comunicabili l’essere. C’è una necessità, tutta umana, di definire, nel senso etimologico di confinare, limitare, ogni esperienza. Il confine determina in qualche modo la nostra identità individuale, il senso dell’io, di ciò che sono e ciò che posso dire di me: io sono questo e non quello, penso questo e non quello io esisto solo all’interno del limite che mi definisce e di me stesso posso comunicare solo ciò che riduco all’interno di un limite; il concetto stesso di utilità si riferisce a ciò che serve ad alimentare e consolidare le strutture che mi definiscono, il resto diviene dannoso ed inutile.

Così, anche l’esperienza del corpo è confinata e definita, racchiusa entro quelle immagini, quelle definizioni che garantiscono l’integrità dell’”io sono” ed è spesso un’esperienza utilitaristica, finalizzata al raggiungimento di qualcosa che, a conti fatti, alimenti il mio ego, mai gratuita e fine a se stessa.

L’āsana nella definizione di Patanjali deve essere stabile (sthira) e confortevole (sukha). Per Krishmamacharya la qualità di sthira (fermo, fisso, fissato, calmo, stabile) non si riferisce solo all’āsana ma anche alla mente, che deve fermarsi, deve smettere ogni attività, anche quella di definire e di pretendere di conoscere in modo apofantico l’esperienza corporea nell’āsana stessa. Perché l’āsana accada, fiorisca, avvenga, occorre essere stupidi, incapaci a conoscere in modo discorsivo e categorico l’esperienza corporea che si sta manifestando. Questo porsi nella posizione privati dello strumento del logos spiazza ed apre le porte allo stupore. Entrambi i termini, stupido e stupore, derivano dal latino stupere che etimologicamente ha il senso di star fermo, immobile, onde l’altro di essere stordito, restare attonito, ampliamento della radice sanscrita stha che ha il senso di essere o rendere fermo, saldo (da cui il sanscrito sthira). Il legame etimologico svela un più profondo legame di senso tra la stupidità, lo stupore della mente e l’āsana.

Lo stupore si impone come presenza assoluta ed immediata e nell’āsana rivela, attraverso l’esperienza potente del corpo per come è, libero dalle categorie e dai tentativi di definizione imposti dall’ego, una realtà che ci trascende e che non possiamo definire. L’esperienza corporea non è più utile ad un fine, non ha ragioni ma diventa gratuità nella presenza, trascende la dimensione temporale, perché è confinata nel qui ed ora e apre la strada all’esperienza della passività, della resa dell’io, stordito e reso muto.

Nello stupore l’ego svanisce, perché svaniscono i limiti posti per definirlo e si intuisce la sua irrealtà, la sua non esistenza: l’esperienza dell’angoscia, quella paura senza contenuto, senza oggetto che ci coglie quando restiamo attoniti in presenza di un qualcosa che percepiamo, che sappiamo essere ma non possiamo spiegare né comprendere, quella angoscia che ci coglie quando ciò che consideravamo reale ci appare come illusorio è intimamente legata alla paura di svanire dell’ego colto da stupore e nella pratica dell’āsana si traduce nelle tensioni, nell’irrigidimento, nella presenza disturbante dell’asimmetria, dello sbilanciamento, nel corpo che disturba, perché parla con la voce dell’”io sono, io esisto” attraverso una mente che non vuole tacere.

Personalmente, trovo l’esperienza corporea in āsana estremamente potente e ricca. L’āsana scardina l’instaurarsi dell’abitudine che rende le cose irrilevanti, diviene occasione di ascolto profondo e di silenzio,  di accettazione del limite, di sbigottimento di stupore; rimanda ad una dimensione “altra”, dove tutto è sempre nuovo e da scoprire.

L’āsana non è mai una posizione del corpo, è una porta che conduce allo stupore.

Pubblicato da zunyapala

"Esiste una stanchezza dell'intelligenza astratta, che è la più spaventosa delle stanchezze. Non pesa come la stanchezza del corpo, né inquieta come la stanchezza della conoscenza emotiva. È un peso della coscienza del Mondo, un non poter respirare con l'Anima." F. Pessoa

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