
Si possono conoscere diecimila cose a partire dalla conoscenza profonda di una sola cosa.
m. musashi
Prima che il nostro mondo avesse origine, i Deva e gli Asura erano in eterna lotta per dominare i tre regni. Non erano immortali, ma soggetti al tempo ed alla morte. Cosi i Deva si rivolsero a Vishnu, Signore della Provvidenza, che consigliò loro di procurarsi l’Amrita, il nettare che rendeva immortali e giaceva nelle profondità dell’Oceano di Latte. Per estrarlo, era necessario frullare l’oceano e l’impresa non poteva riuscire senza l’aiuto degli Asura, così i Deva promisero loro una parte del prezioso nettare ed ottennero il loro aiuto. Per zangolare l’immensa distesa di latte Garuda, veicolo di Vishnu, staccò dalla sua sede il monte Mandara e lo collocò al centro dell’oceano e Vasuki, il re dei serpenti, venne avvolto attorno al monte ed utilizzato come corda per muoverlo. Gli Asura afferrarono Vasuki per la testa, mentre ai Deva venne riservata la coda. Grazie al grande sforzo di ambo le parti, la montagna iniziò a muoversi sempre più velocemente finché Vasuki finì per vomitare tutto il suo veleno che invase l’intero oceano e rischiò di avvelenare tutto ciò che vi si trovava. Fu Shiva ad intervenire, bevendo il veleno e trattenendolo, su consiglio della sua sposa Parvati, nella gola, che divenne per sempre blu. Il monte Mandara muovendosi così velocemente, iniziò ad affondare e l’impresa sembrava destinata al fallimento ma Vishnu, sotto forma di Kurma, la Tartaruga, si inabissò sotto l’oceano ed andò a fungere da punto d’appoggio col suo carapace per il monte Mandara.
Come finisce la storia lascio al lettore scoprirlo. La narrazione del mito fino a qui riportata ci è sufficiente per comprendere l’importanza dei concetti di Kurma (tartaruga) e Meru (monte Meru, ombelico del mondo: si, qui il monte è un altro ed una ragione c’è…) nella pratica di yoga.
Ma, andiamo per ordine:
A cosa ci riferiamo quando, nella pratica, parliamo di dinamica Kurma/Meru? Ci riferiamo fondamentalmente al rapporto che si instaura tra un “qualcosa” che si muove (Meru) in virtù dell’appoggio su un “qualcos’altro” che sta fermo (Kurma).
Quando parliamo di āsana, Kurma indica sia il luogo di contatto tra il corpo ed il pavimento, che diviene il luogo di appoggio su cui sboccia l’āsana stessa, ma anche i luoghi interni sui quali appoggiano determinate parti del corpo durante il movimento che ci porta in un āsana. Cosi, in Ardha Uttanāsana, per fare un esempio, si considera Kurma il luogo di contatto dei piedi a terra ma nell’andare verso la posizione partendo da Tādāsana quando il busto viene portato avanti grazie alla mobilità che abbiamo a disposizione nella articolazione coxo-femorale è anche la testa del femore a fungere da punto fermo, da Kurma “interno”, sul quale il bacino si muove.
Meru indica ciò che è interessato al movimento: nella presa della posizione, riferendoci ancora all’Ardha Uttanāsana presa partendo da Tādāsana, il movimento inizia dal bacino che va in antiversione, fino a flettere il busto portando la colonna vertebrale parallela al suolo.
Quando sono in statica, molti piccoli movimenti nascono nel corpo per mantenerlo “fermo” e un grande movimento può esprimersi quando l’āsana è sthira sukham, stabile e senza tensioni inutili, cioè il movimento respiratorio. Così, possiamo osare e trascendere la dinamica posturale di una posizione osservando come questo concetto si applichi anche al respiro, che può trovare il suo proprio movimento quando l’āsana funge da punto kurma e, procedendo liberamente nell’osservazione esclusiva del respiro, possiamo immaginare ogni movimento respiratorio appoggiarsi alla pausa che lo precede (a pieno prima dell’espiro, a vuoto prima dell’inspiro), unico istante di immobilità della dinamica respiratoria.
Ancora, un respiro “fermo”, cioè che si esprime senza costrizione o agitazione, calmo ed ampio, si trasforma nel kurma su cui il mentale può trovare appoggio per non “sprofondare” nell’agitazione.